Il marchio è il segno distintivo del prodotto. In effetti una comunicazione non verbale, immediata, efficace, diretta al consumatore. Se il prodotto è gradito al mercato. Se l’impresa ha investito nella qualità, valorizza il prodotto nell’ambito della più ampia offerta di mercato e sollecita il consumatore all’acquisto.
Naturalmente, il segnale funziona, se l’impresa ha creduto nel prodotto. Se il marchio è un simbolo di qualità, riflessa nell’impegno produttivo. Se, invece, l’imprenditore invade il mercato con prodotti privi di qualità, svolge l’effetto esattamente contrario. Il consumatore riconosce il prodotto che non lo ha soddisfatto e si rivolge alla concorrenza.
L’investimento sul marchio, in altri termini, è anche un investimento nella qualità, ed è un impegno che deve essere mantenuto, se no è controproducente. La materia del marchio è disciplinata dal Codice Civile e dal Codice della Proprietà Industriale.
Il Codice Civile garantisce il diritto di esclusiva, e quindi offre la protezione legale, se il marchio è registrato, oppure se l’imprenditore ne ha fatto uso, anche senza registrazione. In tal caso, si parla di preuso (rispetto ad altro imprenditore che registri un marchio uguale o analogo, idoneo comunque a confondere il consumatore nell’ambito del mercato di riferimento).
La protezione di legge, infatti, è assicurata nei limiti (ad esempio, territoriali) in cui l’imprenditore se ne è avvalso. Può essere trasferito temporaneamente, mediante licenza, o definitivamente, mediante cessione. La legge non prevede una forma particolare.
Il Codice della Proprietà Industriale, al quale il Codice Civile rinvia espressamente per le condizioni di registrazione e per gli effetti conseguenti, prevede, tra l’altro, che il marchio debba essere utilizzato dall’imprenditore, anche non direttamente, entro 5 anni dalla registrazione, pena la decadenza.
La giurisprudenza in materia integra le disposizioni di legge, decidendo gli effetti dei conflitti tra imprenditori e tra imprenditori e consumatori, ad esempio nel caso dello sviamento, che è molto più frequente di quanto si possa pensare.
L’uso errato del marchio può portare alla “volgarizzazione”, che si verifica quando il marchio perde la capacità distintiva e viene associato ad una categoria di prodotti. Ne parleremo ancora, descrivendo situazioni di interesse delle imprese.
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