La normativa sulle false comunicazioni sociali, più nota come falso in bilancio, è stata rivista nell’anno 2015 dalla legge n. 69, che ha introdotto nel codice civile gli articoli sui “fatti di lieve entità” e sulla “non punibilità per particolare tenuità” e ha emendato l’articolo 2621, che sanziona il reato, consistente nei “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”, abrogando l’espressione successiva nella precedente configurazione “ancorché oggetto di valutazioni”.
L’emendamento, che ha distinto i “fatti” dalle “valutazioni”, non è stato privo di conseguenze in ambito giurisdizionale, perché la Cassazione, prendendo atto della volontà del legislatore, ha rivisto, a tutta prima, il suo orientamento precedente in materia, con conseguenze significative sui processi in corso. Salvo, poi, rivederlo ancora, nel corso dell’anno successivo, in base alla considerazione che la natura stessa del bilancio è essenzialmente valutativa, rimettendo alle autorevoli Sezioni Unite la decisione definitiva.
Con la sentenza numero 22474 del 2016, le Sezioni Unite hanno risposto al quesito di rinvio “se ai fini della configurabilità del delitto di false comunicazioni sociali, abbia tuttora rilevanza il falso “valutativo” pur dopo la riforma di cui alla legge n. 69 del 2015” , stabilendo che “sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di valutazione, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l’agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni”.
La Cassazione ha confermato, in sostanza, che la veridicità e la completezza della formale informazione societaria sono i valori tutelati dalla norma e che il reato di falso in bilancio, comprensivo di nota integrativa, comunque si realizzi, è sanzionato a tutela dell’ordine pubblico economico. Responsabili del reato sono gli amministratori, i dirigenti, i sindaci e tutti coloro che consapevolmente concorrono alla falsa rappresentazione della realtà sociale.
L’esercizio di funzioni svolte, di fatto, da persone non investite da poteri formali si intreccia con le responsabilità della rappresentanza e della gestione. E’ il caso dell’amministratore occulto, al quale può essere intestata la concreta amministrazione della società. A sua volta, tale esercizio di fatto si intreccia, non così raramente, con una partecipazione continuativa, strutturale, ma dissimulata negli atti sociali, ai risultati della gestione, produttiva di effetti sulle responsabilità della insolvenza e quindi sulla estensione del fallimento.
Sono temi di interesse di tutte le imprese, di ogni dimensione e di ogni settore, perché, in effetti, sono molto diffuse le forme di controllo non dichiarate dell’attività di impresa. Così come sussiste il reato in concorso, da parte della persona estranea all’amministrazione, che partecipi alla risoluzione criminosa, facilitandone l’attuazione.
E’ il caso della persona che abbia acquistato dalla società il cespite, di cui sia stata omessa la menzione nel bilancio, allo scopo di fornire un quadro della situazione patrimoniale difforme dal vero. E’ anche il caso del professionista che contribuisce agli artifici contabili, nella prospettiva della futura dissimulazione di una riserva occulta.
E’, invece, concorso di reati la commissione del falso in bilancio in concomitanza con la illegale ripartizione di utili, non essendo il primo reato elemento costitutivo del secondo, trattandosi, bensì, di fattispecie criminose autonome. Mentre la Cassazione non ha ravvisato la sussistenza del reato di falso in bilancio nella falsità adottata dalla società con l’unica finalità di frodare il Fisco, essendo diretta la disciplina sulle comunicazioni sociali a garantire gli interessi della società, dei soci e dei creditori sociali (e non propriamente del Fisco, i cui primari interessi di ordine pubblico – è bene precisare – sono tutelati da norme specifiche, altrettanto rigorose).
In conclusione di questa prima rassegna di fatti illeciti ricorrenti nella gestione del ciclo societario, in danno della società e dei soci, la legge consente ad ogni singolo socio della società a responsabilità limitata (adottata dalla gran parte delle Piccole e Medie Imprese) di promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (ivi compresi gli amministratori occulti o di fatto), per pretendere sia la revoca dalla funzione, sia il legittimo risarcimento dei danni patiti.
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