Marketing

Il vino, un ambassador territoriale

di Stefano LefèvreConsulente di comunicazione d’impresa, Associato AISM

Il vino. Bevanda per eccellenza e con una storia lunga un’eternità, se si pensa che le prime tracce di vitis vinifera, rinvenute peraltro nella nostra Toscana, risalgono a due milioni di anni fa.

Apprezzato quale motore assoluto della vita sociale e, ovviamente, anche di quella economica, soprattutto da quando ha assunto -con pieno diritto- il ruolo di attore di punta nel sistema agroalimentare.

Nel nostro Paese, i più recenti numeri relativi a questo comparto sono elevati, costituendo motivo di responsabilizzazione per tutti i soggetti che, a vario titolo, vi operano.

I dati più aggiornati sulla produzione vinicola italiana parlano, infatti, di quasi 44 milioni di ettolitri. E a lavorare, su tutto il territorio nazionale, sono chiamate circa 310 mila aziende.

Il marketing, come disciplina “orizzontale” – ma inteso anche nelle sue declinazioni specifiche – si è dedicato da sempre a quest’area merceologica, sicuramente a supporto delle politiche di brand aziendali, ma anche, soprattutto, come timone di macro-settore nell’interesse di uno sviluppo e di un accreditamento progressivo in funzione marcatamente istituzionale.

E proprio per la vastità delle argomentazioni generali, collegate queste all’altrettanto cospicuo bagaglio strutturale raccolto ed implementato nel tempo (politiche produttive, distributive, di promozione ecc.) che accompagna il tema, sembra ora opportuno ed auspicabile pensare ad una cultura di marketing che ridisegni, anche nel rispetto delle tecniche tradizionali, percorsi virtuosi ed innovativi fatti di azioni fortemente relazionali e valoriali.

Il settore del vino è di quelli che, da noi, costituisce occasione di sostegno continuo, poiché alimenta -rafforzandolo- quel concetto di Made in Italy che vuole essere sempre più un elemento distintivo nel contesto internazionale, sia quando si parla di qualità del prodotto, sia nel caso in cui i valori da comunicare sono anche frutto del buon funzionamento delle macchine territoriali e delle loro strategie.

Ed il binomio vino-territorio, al giorno d’oggi, sembra presentarsi sempre più come alchimia ottimale per soddisfare e stimolare quel bisogno di nuova “narrazione d’impresa” agroalimentare.

Se, da una parte, l’incontro e la combinazione di questi due elementi possono apparire un’ovvietà storica, già ampiamente dimostrata e consumata nel corso dei secoli, dall’altra è lecito immaginare che idee di nuovo conio per una promozione congiunta, fatta di messaggi di forte valenza sul piano economico e sociale, abbiano diritto di mostrarsi.

Facendo leva (e questo va sottolineato) su quelle specifiche applicazioni di marketing che incidono in modo differente sulle attività relazionali.

Come già detto, lo scenario produttivo vanta numeri consistenti. L’identità dell’intero universo aziendale coinvolto – per dimensioni e caratteristiche soggettive – non può non essere giudicata come “caleidoscopica”. Questo, per la presenza di tanti produttori, piccoli, medi e grandi, e di conseguenza, di tante diverse visioni su come raggiungere gli obiettivi attesi.

Ma l’imprenditore vitivinicolo, che ha deciso di fare del territorio l’elemento portante del proprio impianto strategico, sa di poter contare su un plus rilevante. A patto, però, che lo sappia gestire e raccontare!

Le moderne tendenze di marketing e di comunicazione inquadrano, a questo proposito, lo storytelling come una risorsa semplice e, al contempo, di forte impatto. Maggiormente, in quei contesti dove la forza del binomio vino-territorio trova la sua ragion d’essere nelle storie di famiglia, e di come una certa attività d’impresa si sia sviluppata, con una progettualità costante, grazie ad una felice sinergia che si potrebbe definire spontanea fra i due fattori.

Il cliente/consumatore/viaggiatore va raggiunto, informato e, in ultimo, emozionato. Il percorso esperienziale deve fondarsi sul racconto e su tutti quegli elementi necessari a garantire il giusto coinvolgimento e il massimo grado di soddisfazione.

Ne consegue, che il risultato atteso potrebbe essere quello di eleggere il vino ad ambassador territoriale.

Molto dipende, se si vuole adottare questa classificazione (provocatoria, forse), dalle capacità dei singoli imprenditori. Che, consapevolmente, devono prevedere di allestire anche un efficace sistema relazionale con gli stakeholder locali. Una buona profilazione del territorio -con le sue caratteristiche, le sue tante proprietà spesso nascoste e/o trascurate e le opportunità che possono scaturire da una conoscenza progressiva dell’insieme- favorisce il rapporto tra i soggetti coinvolti, rendendolo operativo in funzione di un perfetto mix.

Molti imprenditori vitivinicoli, in particolare quelli di nuova generazione, spesso sono dotati di un background formativo di taglio manageriale, e ciò esalta particolarmente le abilità personali, favorendone una più spiccata sensibilità verso quelle tecniche che aiutano a tracciare percorsi strategici maggiormente suggestivi e vincenti.

Questo accade, ad esempio, quando questi imprenditori – proprio per il rispetto (quando non la devozione) verso l’area geografica di riferimento – si trovano a ricoprire più o meno consapevolmente il ruolo di Destination Manager, svolgendo con profitto- dall’interno della propria Azienda- un’attività di promozione territoriale organica e snella. Che va dall’analisi generale della situazione turistica locale fino alla descrizione di un quadro strategico d’insieme, e coordinando capillarmente tutte le risorse che una determinata zona può mettere a disposizione. Con il duplice vantaggio che ne deriva certamente un beneficio d’immagine per la Cantina rappresentata, ma che, al contempo, permette in automatico al territorio di conferire maggior rilievo, con una comunicazione decisamente fertile, al proprio profilo identitario.

Il territorio, a questo punto, godrebbe di un indubbio rafforzamento in termini di visibilità, con un potenziale di conoscenza all’esterno significativamente amplificato. Si ottiene, così, un vero e proprio traino bidirezionale (laddove il singolo settore aiuta il concetto diffuso di “territorio”, e viceversa …).

Una quasi inedita realtà strategica che, in un Paese come l’Italia, per numeri, varietà e qualità di quanto e cosa viene prodotto, può rappresentare e incoraggiare l’avvio di nuove filosofie manageriali.


Stefano Lefèvre

Opero nel campo della comunicazione d’impresa dalla metà degli anni’80. Un inizio, molto affascinante e carico di spinta motivazionale, quello nell’agroalimentare, comparto che all’epoca necessitava di forti riposizionamenti. 
Un esempio su tutti: il settore del vino, che proprio in quegli anni fu penalizzato dallo “scandalo del metanolo”, e per il quale ho avuto il privilegio, in un lungo periodo, di lavorare in sinergia con le più autorevoli agenzie di pubblicità e relazioni pubbliche e con le istituzioni, per il superamento (tecnico e non solo) dello stato di crisi.
E poi, negli anni a seguire, moltissimo impegno nelle attività di media relations in favore di strutture dal forte brand, sia sul piano istituzionale che strettamente aziendale. Servizi pubblici locali, energia, mondo associativo sono state, tra le altre, per lungo tempo (e sono tuttora) le materie di riferimento.
Sento di essere grato a questo mondo professionale, per la possibilità che quotidianamente concede di agire lungo percorsi molto stimolanti, permettendo che possano felicemente convivere creatività, propensione allo studio e, soprattutto, tanto entusiasmo nel coltivare giuste e vincenti relazioni umane

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