La testa nel mattone!

E’ stato il mito delle generazioni post belliche, mito anche per i raider immobiliari post Euro, da sempre traguardo, esempio ed orgoglio della famiglia italiana (almeno sino a quando in Italia si formavano famiglie che facevano figli): signori, ecco a Voi il mattone.

Superiamo subito il fatto di cronaca (buffo per non dire ridicolo, avvenuto lo scorso Settembre tra due religiosi nigeriani), ed andiamo dritti dritti al cuore del tema, cioè andiamo ad analizzare come e quanto è cambiato il mercato immobiliare e le ragioni che lo hanno stravolto: si, stravolto. E’ questo il tema su cui vi propongo di riflettere.

Cronaca da web

Il mercato immobiliare e le ragioni che lo hanno stravolto

Nella mia vita ho ascoltato trattazioni entusiasmanti a non finire ed opinioni di docenti, economisti e tecnici sulla casa: la casa bene rifugio, ancora di salvezza, riferimento di ogni saggio padre di famiglia. Ma dirò di più, sono letteralmente cresciuto in un clima di vero e proprio trionfo edilizio. Nato nel 1951 ho sentito attorno a me, per decenni e decenni, il pulsare del notissimo slogan: il mattone non delude mai! Esso, lo slogan, è ancora oggi ben presente nella testa di molti risparmiatori, piuttosto logoro direi, ma pur sempre presente, magari nella veste di luogo comune.

Non è che io voglia stare a romper le uova nel paniere agli aficionados della proprietà immobiliare (che sono ancora molti, davvero molti), ma signori ammettiamo che il mondo ha fatto diversi giri di campo, nel frattempo, e che le cose non sono più come erano, né come alcuni le raccontano o altri le ricordano, nemmeno un po’. Ma vediamo come e perché.

Mettiamo allora a fuoco il tema del mattone. Utilizzerò per questo il mio usuale approccio (avete indovinato), quello antropologico: vedrete che questa mia propensione verso le analisi di scenario dal timbro umanistico, tornerà utile. Diciamo allora subito che una casa non è semplicemente una somma di mattoni; la casa è un bene materiale che incorpora, paradossalmente e nella inconsapevolezza di molti, anzi moltissimi, una enorme serie di componenti e riferimenti immateriali. Gli stessi, in fin dei conti, che fondano, animano e determinano la cultura di un popolo: famiglia, lavoro, società, ambiente. E’ da questi elementi valoriali che il mercato immobiliare  riceve impulso, rallentamento, direzione, intensità, evoluzione, resilienza ma anche effetti corrosivi e destabilizzazione.

La cultura, per dirla in due parole, non è altro che il modo che ha un popolo (ma sarebbe meglio dire una nazione) di organizzare la propria vita. Un modo evidentemente tipico, caratteristico, che lo distingue rispetto ad altri popoli e nazioni e che determina – in modo misurabile e misurato – il livello di piacevolezza che si riceve a vivere in una nazione piuttosto che in un’altra (vedi classifiche del benessere nel mondo). Insomma la cultura di una nazione è anche, o soprattutto, una  somma di valori di riferimento, da cui conseguono quasi tutte le cose pratiche che riguardano la vita delle persone.

Ma questi valori cambiano, vi ricordo. A volte prima che cambino le situazioni pratiche, mentre altre volte cambiano proprio in conseguenza di come si modificano queste ultime: ad esempio lavoro e famiglia. Ma ecco allora che queste modificazioni producono parallelamente anche mutamenti nello stile di vita delle persone, quindi nella attribuzione di valore che le persone elaborano rispetto alle cose di cui necessitano: è inevitabile che si producano modificazioni delle scale di priorità, proprio nel momento in cui le risorse sono o appaiono limitate e le opportunità di reperirne altrettanto.

Da molti anni siamo immersi in un vero e proprio nuovo modo di vivere, lo possiamo ammettere oppure no, ma è così che stanno le cose. Questa nuova idea del vivere (frutto della crisi, dell’innovazione socio-economica, ma anche delle strategie di adattamento che le ultime generazioni hanno elaborato rispetto a tutto questo) è oggi un riferimento importante da cui partire per analizzare il presente (del mercato immobiliare ad esempi ) e tentare di immaginare possibili scenari futuri. Immersi, vale la pena ricordarlo, in un flusso incessante ed imprevedibile di modificazioni che caratterizzano così profondamente, oggi, il nostro divenire. L’ampiezza e la profondità di queste modificazioni riguardano aspetti qualitativi come quantitativi, dunque interessano direttamente o indirettamente il mercato di riferimento di ogni bene o servizio acquistabile, nessuno è salvo.

La casa

Ora esaminerò con voi alcune di quelle modificazioni di cui parlo, modificazioni che hanno avuto, stanno avendo o potranno avere, un impatto rilevante sul mattone …

  • La casa sta diventando sempre più anche un luogo di lavoro, masse sempre più ampie di persone vengono indirizzate verso il telelavoro e questo numero è destinato a crescere nel tempo, sempre di più. Inevitabile l’impatto che ha e che avrà questa riorganizzazione pratica sul modo stesso di concepire la casa: in quanto all’uso dell’abitazione ed in quanto alla sua progettazione.
  • Oggi una famiglia su tre è composta da una sola persona ( 31,6% ). Per l’ISTAT si tratta di mini-famiglie ma in realtà sono single, single che non hanno tra le loro emergenze quella di metter su famiglia o fare figli. Basta un monolocale e la casa tradizionale di tre stanze non serve più, diverrà invenduto.
  • Oggi è anche calato molto il livello delle retribuzioni, soprattutto quelle della fase iniziale, che comunque e purtroppo, per i nostri ragazzi, giunge in età avanzata (ammesso di trovare qualcuno che, nella fase iniziale, riconosca loro una assunzione a tempo indeterminato, che comunque oggi non garantisce affatto di avere uno stipendio affidabile nel tempo, non tale da permettere di programmare la  vita). E’ cambiata infatti anche l’idea di stabilità del mercato del lavoro: non si prevede quasi più una carriera di lungo periodo nel medesimo ruolo o nella medesima struttura. Ebbene questo produce una conseguenza esistenziale che si riflette sulle scelte delle persone ed incide, a cascata, sulla solidità di un bene materiale: l’acquisto di una casa, ancorché di piccole dimensioni, presuppone una idea di vita e di vita lavorativa stabile, per non dire stanziale, impostata sul lungo, per non dire lunghissimo termine. Esattamente ciò che oggi il mercato del lavoro offre con esagerata parsimonia, dunque perché mai acquistare, perché mai essere ancorati ad un luogo e ad una situazione di lavoro che potrebbe cambiare da un momento all’altro… Ecco che emerge una nuova esigenza: l’affitto.
  • Nei prossimi 10 anni tutto ciò che consideriamo adeguato, oggi, potrebbe divenire superato, obsoleto. Cambia il modo di vivere e lavorare, cambia il modo di intendere il lavoro stesso, si modifica inevitabilmente anche il modo di concepire l’abitazione. Ma tutto questo sarà difficilmente prevedibile, così come furono imprevedibili i lunghi cicli di espansione e poi di contrazione del mercato immobiliare. Sarà davvero complicato fare previsioni… e lo è stato anche oggi.

Emblematico in tal senso il divergente approccio tra K. Case e R. Shiller (titolari del famoso indice omonimo) del Maggio 2008: uno valutava il mercato con il solo metro quantitativo, l’altro invece già percepiva le modificazioni che con la crisi sub prime erano state introdotte nel mercato e tentava di valutarne gli innovativi impatti: tutte le volte in cui siamo arrivati a questo punto – il livello toccato ora – è iniziato il rimbalzo … diceva uno, e la sua era la tipica analisi quantitativa del trader, che non riflette sulle cause profonde e sulle modificazioni che intervengono nel comportamento umano (valga la lezione di L. von Mises), ma va analizzando soltanto statistiche, numeri e grafici. Come se nello Standard & Poor’s ci fosse uno Standard ottimista sul mercato azionario e Poor’s fosse invece pessimista.

Insomma viviamo un’era stropicciata in cui tutto è in discussione e tutto va ripensato alla luce di novità che incombono e verso cui, prima o poi, dovremo finalmente opporre il nostro antico, colorato buon senso, globalizzazione in testa. Nel corso di questa battaglia, che prima o poi dovremo combattere, la casa diverrà altro per molti e per molte generazioni, e passeremo dall’acquisto per avere ad un acquisto per usare. Non dico un vero e proprio sharing, ma qualcosa di molto diverso dal tradizionale concetto di proprietà, con tutto quello che questo ha comportato per la cultura, ed in base alla cultura dei nostri padri. Probabilmente a quel punto avremo un serio mercato dell’affitto ed entrare od uscire da un appartamento, trovare e cambiare, sarà semplice, magari anche ben governato: a prezzi ragionevoli e con vere garanzie di gestione e manutenzione.

Ma ci sono, infine, anche aspetti che nulla hanno a che fare con le modificazioni del modo di vivere, aspetti che rappresentano la storia di colpe rovinose prodotte in decenni e decenni di silenzio delle nostre istituzioni verso il complicato (diciamo così) mondo delle costruzioni, nel nostro paese. Il parco invenduto delle nostre grandi metropoli (Roma e Milano in testa) testimonia dell’abbandono culturale in quanto a controllo e supervisione. Non ci sono parole per commentare.

Dal sito salviamoilpaesaggio.it poderoso invenduto a Roma

Diciamo che il tempo non ha certo dato una mano e l’indifferenza dei controllori, nel perdurare e nell’aggravarsi della crisi sub prime, ha prodotto uno scollamento diabolico tra la costruzione di nuove abitazioni e le famiglie che avrebbero dovuto abitarle.

Nello stesso tempo, con la crisi ed in virtù dei suoi effetti sui posti di lavoro, veniva a maturazione – ed esplodeva – la sproporzione di rapporto economico tra affitti delle abitazioni e reddito disponibile delle famiglie.

Che dire poi del fenomeno storico – venuto alla luce e reso eclatante proprio dal perdurare della crisi – che ha evidenziato la divergenza di andamento tra prezzi e compravendite, negli ultimi anni. I giornali sono pieni di titoli che raccontano di una ripresa in corso del settore immobiliare, mentre la verità dei dati ci dice molto semplicemente che i prezzi continuano a decrescere… Insomma sta accadendo che chi si ostinava a non cedere allo spurgo dei valori, e pretendeva quotazioni irreali, fuori mercato, oggi sia stato indotto a più miti consigli dal perdurare della crisi ed abbia finito per vendere, preso dallo sfinimento.

Ma ad ulteriore sostegno di un prudente approccio interlocutorio, verso il mondo delle abitazioni, non ci sono soltanto dati e numeri del presente o del passato. Abbiamo anche numerosi segnali importanti, lasciati da istituzioni finanziarie di rilievo, che hanno innescato cambi di rotta esemplari e decisi, assegnando alle prospettive degli immobili una direzione molto precisa, ed agli ultimi appassionati del settore una robusta riflessione su cui lavorare.

Suvvia, riflettere per riflettere è utile ai filosofi, ma noi possiamo mantenere acceso questo lodevole esercizio, piuttosto trasformandolo in qualcosa di pratico ed utile anche nel nostro campo di azione, perché l’abitudine a pensare produce sempre buoni frutti.

Viviamo un’era densa di cifre e di misurazioni, eppure distratta e confusa, in cui tutto è in discussione e pare che tutto vada ripensato alla luce di novità che incombono e verso cui, prima o poi, ci dovremo opporre: globalizzazione in testa. Lo ripeto. Un mercato degli immobili che torni a dare soddisfazione, come era una volta, fa sorridere. Ma dirò di più, non fa sorridere soltanto per via della crisi e dei suoi effetti, oggi. Fa sorridere anche alla luce della storia vera di questo gonfiatissimo comparto, storia misurata da molti anni, in molti modi, ed ignorata per mera ottusità culturale: non è vero che le case rendono, ne fummo semplicemente convinti.

Le depressioni ed i coni registrati nel 74-79, 80-89, 92-2004, testimoniano abbondantemente della profondità dei cicli del mercato immobiliare, ed anche la vigorosa espansione post Euro (non presente nel grafico) è oggi abbondantemente spurgata con discese profonde che tutti conosciamo (certamente complice anche il forsennato prelievo fiscale operato a più riprese negli ultimi anni). Ma se vogliamo c’è un’altra osservazione, disarmante a dire il vero. Se osserviamo i tempi di recupero che hanno avuto i prezzi in questi cicli (dal 1965 al 2001), scopriamo di trovarci di fronte ad un Ulcer Index di riferimento che presenta un valore medio di 9 anni… decisamente troppo se considerate che quei valori sono al lordo di costi, tasse, manutenzioni ordinarie, straordinarie e rischio inquilino.

Non voglio poi nemmeno sfiorare il tema della riforma delle rendite catastali, vera e propria tegola sul mattone, laddove si prevede l’avvento della valorizzazione a stima OMI, o l’altra tegola, rappresentata dalla riforma della tassa di successione sugli immobili, su cui Europa e FMI da tempo premono perché l’Italia provveda e si adegui (tassazione media prevista 15-20% per successione diretta e riduzione delle fasce di esenzione a 150-200  mila Euro): una vera mattonata ! Tutto questo è dimostrato da analisi, studi, rilevazioni e cronache di decenni, ma diviene eclatante lo scompenso di attenzione riservato al mattone (dalla nostra cultura) se ne confrontiamo l’andamento con il mercato finanziario, sempre più evoluto, che propone indicatori di efficienza e redditività davvero rilevanti, con zero esposizione di  notorietà al fisco, massima liquidabilità e con un impegno per tempo di investimento pari al mattone, ma spesso persino inferiore.

Entrando sui mercati azionari prima della crisi del 2008 e restando investiti sino al 31 dicembre 2017, utilizzando 3 buoni Fondi Internazionali (Paesi Emergenti, Europa ed America), mediamente avreste guadagnato il 218%! Questo fatto netto e misurato non una stima) ci insegna che la base di una buona consulenza risiede – innanzi tutto – nel fatto che il cliente deve essere sostenuto nei momenti di ribasso, perché è proprio in quei momenti che sbocciano tentazioni di disinvestimento o, peggio ancora, idee di diversificazione immobiliare, oggi ben più pericolose di ieri. La diversificazione non si realizza spargendo le risorse un po’ dovunque o su più mondi, quella si chiama polverizzazione e la mettono in pratica quelli che non sanno esattamente DOVE posizionarsi, costoro pensano di parare il colpo avendo nella faretra un po’ di tutto: è l’investimento tipico del borsino bancario. La vera diversificazione parte da un’idea precisa, ma questa deriva da una consapevolezza professionale: io so dove allocare le risorse, ma per farlo correttamente le vado diversificando tra TUTTI gli attori che di quel settore che ho individuato sono protagonisti, ovunque si trovino (ma questa è cosa nota). Per sottolineare ancora il capitolo dell’efficienza finanziaria, dirò che non intendo fare pubblicità ad alcun prodotto, sia chiaro, ma il dato che ho riferito è documentato, a disposizione degli increduli con date, ISIN e percorsi annuali di sopportazione della volatilità.

Ma c’è dell’altro. Se andiamo ad osservare più da vicino quell’andamento storico, 1925-2015 = cioè 90 anni di storia del mondo delle attività produttive (MSCI World Totale Return in USD) scopriamo che in questi 90 terribili anni (guerre mondiali e locali comprese, crollo del ’29, torri gemelle, sub prime e tutti gli altri crolli compresi…) i mercati si sono regolati come segue: nel 74% del tempo sono saliti, cioè 3 settimane su 4, e quando sono saliti lo hanno fatto registrando incrementi pari al +2.578% dei valori, mentre quando sono scesi lo hanno fatto registrando cali pari al -405% dei valori: il mercato mondiale delle attività produttive sale con multipli di 6 volte rispetto ai periodi di crisi!

Mercati del mondo dal 1925 al 2015

Insomma, occorre riflettere ed imparare a fare di conto. Paghiamo il costo di una disabitudine alla riflessione profonda che ci porta, ci ha portati, ad ignorare aspetti della realtà poco visibili, forse, poco misurati certo, ma non per questo meno influenti. Allo scopo vorrei fornire un contributo di terzi, letto pochi giorni fa su un quotidiano,  che ritengo molto utile per affiancare e corroborare ciò che sin qui ho proposto, certamente coerente con la mia esortazione umanistica: bisogna saper osservare ed interpretare la realtà per capire cosa fare.

Da un estratto de Gli Arrabbiati, la prima Guerra di Secessione europea, di Roberto Sommella (la Nuova Europa Edizioni). Il libro sarà presentato il 5 dicembre alla presenza del ministro Paolo Savona:

Avete mai fatto un giro dei circoli sul Tevere a Roma? In qualsiasi giorno e a qualsiasi ora sono pieni. Qualche colpo a tennis, un po’ di sole, la lettura dei giornali e poi di nuovo in campo dopo uno spaghetto. Il lavoro è un ricordo archiviato con serenità. Fuori, il traffico impazza, milioni di giovani si affannano su altrettanti motorini, biciclette, autobus per raggiungere scuole, università, lavori saltuari, precariato di vario genere. Nulla contro i circoli, per carità. E’ l’affresco del nostro paese, oggi: al caldo delle certezze pochi beneficiati; al gelo delle incertezze molti, moltissimi individui senza privilegi né tantomeno diritti. Molti arrabbiati.

Con quali occhi volete ancora esaminare il mondo del mattone? Suvvia, guardatevi intorno e raccogliete dalla realtà di questo aspro vissuto quotidiano ogni cenno, tra i tanti e più di mille che si producono. Allora capirete che la frenesia del mattone che non tradisce mai è, appunto, soltanto una frenesia; legata ad un racconto eroico che gira, forse, in alcuni circoli, ma che nessuno condivide più sul serio e pochi vogliono ammettere. Quello attuale è uno spaccato sociale che getta ombre sinistre ed inquietanti sul futuro possibile del mattone, come su tutto quello che è in corso. Quanto durerà questo silenzio umiliante, questa passiva accettazione di queste nuove generazioni: private della possibilità di progettare il loro futuro. Per quanto tempo la necessità di questa globalizzazione, mai dimostrata cosa vera, indispensabile ed utile, imporrà su tutti il silenzio, la acquiescenza ? E quando si manifesterà (oh si che si manifesterà) una decisa rivolta contro questo esproprio, a quel punto, sarà più probabile veder volare mattoni oppure vedere decollare il mattone, che dite?

Ovviamente parlo del mattone inteso come investimento, non si era capito?

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