Le nostre scelte d’acquisto sono davvero solo nostre? Spoiler, la risposta, purtroppo, è negativa. Il confine tra autodeterminazione nei processi decisionali ed influenze esterne è un dibattito sempre vivo. Oggi più che mai, se pensiamo alla quantità di contenuti a cui siamo esposti continuamente. Appurato, quindi, che le nostre scelte non sono solo nostre, è naturale chiedersi come siamo influenzati dagli elementi esterni. Una delle tecniche maggiormente utilizzate è il “Nudge Marketing”. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
Il Nudge Marketing trova il suo fondamento nella “teoria dei nudge”, in cui il termine “nudge” è traducibile come “spinta-colpetto”. Questa teoria è stata elaborata dall’economista Richard Thaler e il giurista Cass Sunstain nel libro “Budge – La spinta gentile”. Il concetto alla base di tale teoria è che i suggerimenti positivi e/o indiretti possono influenzare i motivi e determinare gli incentivi del processo decisionale degli utenti. Il Nudge Marketing, quindi, sfrutta le caratteristiche e gli aspetti psicologici per guidare le scelte delle persone, utenti o clienti che siano. La peculiarità è che riesce a farlo indirettamente e, riprendendo il titolo del libro, con una spinta gentile nel processo decisionale. In particolare, ci sono alcune specifiche “spinte” di cui le aziende si servono per motivare e guidare le decisioni dei propri clienti. Tra di esse, le più frequenti sono:
F.O.M.O. Letteralmente Fear of missing out, cioè la paura di essere esclusi da qualcosa o da qualcuno, spesso di essere fuori tempo. Vi è mai capitato di imbattervi in un’offerta a tempo? Magari proprio di quel prodotto inserito in wishlist con un costo davvero troppo alto? Quell’offerta a tempo, così conveniente e imperdibile, è un caso lampante di Nudge Marketing. Una spinta gentile, e furba, ad acquistare il prodotto che desideriamo ad un prezzo irrisorio, valido solo per una piccolissima parentesi temporale.
Approvazione sociale. Nella sua versione anglofona, social proof. Questa rappresenta un’altra categoria del nudge marketing. Tra quelle citate, è la categoria di nudge marketing che più sfrutta la componente psicologica legata all’appartenenza ad uno specifico gruppo. Per molti, infatti, replicare la scelta del proprio gruppo di appartenenza rappresenta una decisione più semplice e, soprattutto, sicura.
I product labels, in italiano “etichette”, sono sfruttati come spinta grazie al loro posizionamento fisico sul prodotto e il loro contenuto. Un esempio tra i più comuni è l’uso di etichette che dimostrano caratteristiche uniche del prodotto stesso. Negli ultimi anni questa tecnica si è diffusa soprattutto nell’ambito dell’ abbigliamento, con capi creati da materiale riciclabile ed ecosostenibile. L’utente è incentivato ad acquistare spinto da un comportamento positivo e virtuoso, dando valore all’impatto positivo in termini di rispetto della natura e dell’ambiente.
Effetto “decoy”. Tale tecnica è definita come il fenomeno in cui i consumatori cambiano la loro preferenza tra due opzioni quando viene presentata una terza opzione – l’esca’ – che è ‘asimmetricamente dominato’. Viene anche indicato come ‘effetto di attrazione’ o ‘effetto di dominanza asimmetrica’. Ma come funziona? Quando i consumatori si trovano di fronte a molte alternative, spesso sperimentano un sovraccarico di scelta – quello che lo psicologo Barry Schwartz ha definito la tirannia o il paradosso della scelta. Molteplici esperimenti comportamentali hanno costantemente dimostrato che una maggiore complessità della scelta aumenta l’ansia e ostacola il processo decisionale. Nel tentativo di ridurre questa ansia, i consumatori tendono a semplificare il processo selezionando solo un paio di criteri (ad esempio prezzo e quantità) per determinare il miglior rapporto qualità-prezzo.
Insomma, le nostre scelte d’acquisto sono davvero nostre?
Alla prossima pagina di diario!
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