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Millennials e Native Advertising

Secondo un report del Content Marketing Institute recensioni e contenuti di qualità pubblicati su siti di terze parti risultano essere determinanti nelle decisioni d’acquisto per il 61% dei potenziali clienti, moderatamente importanti per il 29%. In pratica il 90% di chi acquista online viene influenzato da recensioni o articoli che legge in rete.

I banner si vedono, gli annunci nativi si leggono

Gli utenti guardano quasi esclusivamente i contenuti all’interno della loro “area di messa a fuoco”. Tutto il resto diventa una forma indistinta di colori e forme. Un atteggiamento sempre più accentuato nei Millennials (nativi digitali). Si tratta, per intenderci, di quella generazione cui abbiamo dato, al posto del ciuccio, lo smartphone.

Il nativo digitale è “geneticamente diverso” da chi è nato prima, che, per quanto si adatti, sarà sempre un immigrato digitale. E’ la stessa differenza che esiste tra chi parla una lingua che ha imparato da adulto e chi è madre lingua (Bertoldi e Rossotto).

Questi nuovi utenti della Rete hanno maturato l’abitudine a scansionare rapidamente una pagina per “blocchi”, alla ricerca di contenuti rilevanti. Se li trovano bene, altrimenti passano oltre.

Pochi secondi e via. Figuriamoci quanta attenzione possono dedicare al vostro banner pubblicitario “fuori messa a fuoco”. Per quanto animato e graficamente accattivante possiate averlo realizzato: zero. Questo è il tempo di attenzione per un millennial.

La domanda allora è come coinvolgerli, come raggiungerli, come catturare in una frazione di secondo la loro attenzione? L’unica risposta è, banalmente, offrendogli ciò che cercano.

Inutile pubblicizzare un viaggio scontato alle Maldive, in un contesto in cui si parla di ultimi modelli smartphone. Gli utenti, in particolare i millennial, accettano il branded content. Se il brand pubblicizzato (o il contenuto che lo riguarda) è utile e coinvolgente colpirà la loro attenzione. E poco importa se si tratta di un annuncio pubblicitario! A patto che sia ben evidenziato. Perché una cosa i millennials schifano come la peste, il fatto che un immigrato digitale possa provare a fregarli 😉

Aumenta la richiesta di Native advertising

Il Native è una forma di pubblicità che tratta i consumatori da normali interlocutori. Aumenta così la fiducia dell’audience nel brand, perché offre contenuti realmente pertinenti con le sue esigenze o perché fa leva sulle sue relazioni dirette nei social network.

Il native advertising è in definitiva una forma di pubblicità meno invasiva e più coinvolgente, perché “inserita” in un argomento che l’utente ha scelto di leggere o (se immagini o video) di guardare. Una pubblicità “contestualizzata”, che non disturba il lettore, anzi gli fornisce informazioni aggiuntive in linea con il contenuto che ha deciso di approfondire. A tal punto da risultare gradita e richiesta, o da suscitare interazioni e lead spontanei.

L’esperienza maturata come fondatore della startup CuDriEc (web agency ed editore della testata giornalistica Moondo), mi ha permesso di “testare” sul campo questa nuova frontiera del digital marketing. Ho potuto analizzare ed apprezzare i vantaggi della pubblicità nativa da entrambi i punti di vista: quelli dell’azienda cliente e quelli dell’editore. Ebbene i risultati sono talmente sorprendenti per entrambi, che non si potrà più tornare indietro.

Siamo una giovane realtà editoriale e non riceviamo finanziamenti pubblici. Il nostro lavoro è sostenuto solo dal contributo dell’editore (CuDriEc S.r.l.) e dagli introiti pubblicitari. I lettori sono la nostra vera ricchezza. Ogni giorno cerchiamo di fornire approfondimenti accurati, unici e veri.
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