Comunicare efficacemente è fondamentale in ogni tipo di contesto, che sia formale o informale: dal lavoro alla famiglia, dalla scuola agli amici, questo lo sappiamo tutti, ma cosa significa davvero “comunicare”? Il termine comunicazione deriva dal verbo comunicare, che nel suo significato originale latino vuol dire “mettere in comune“, ossia condividere con gli altri pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti.
La comunicazione non è semplicemente parlare ma presuppone necessariamente una relazione e quindi uno scambio.
La comunicazione si suddivide in:
Sia il linguaggio non verbale sia quello paraverbale inviano messaggi spesso inconsapevoli di tipo emotivo!
Essa è costituita da:
Cinesica: si occupa dei movimenti del corpo come forme strutturate di linguaggio.
Si tende a suddividere la cinesica secondo due principali aree:
In sintesi, tutti questi aspetti costituiscono dei segnali involontari che partecipano al processo di comunicazione e possono pertanto indicare:
Essi, infatti, risultano meno controllabili rispetto al volto, perciò possono svelare stati d’animo che il viso non fa trapelare.
Sono molteplici le funzioni svolte dai due canali comunicativi:
Conoscere la comunicazione non verbale è, quindi, un ottimo sistema per decodificare la comunicazione del nostro interlocutore, sapere se chi abbiamo di fronte gradisce o rifiuta i nostri argomenti.
A proposito di ciò, di seguito sono riportati a titolo esemplificativo, alcuni aspetti della comunicazione non verbale e paraverbale ed i relativi messaggi che trasmettono all’interno di una comunicazione.
Accarezzamento delle labbra con le dita o il dorso della mano: esprime gradimento emotivo nei confronti delle tematiche trattate o verso il suo interlocutore. Può essere espresso anche utilizzando, ad esempio, una penna. In genere tutti gli atti concernenti l’accarezzamento, esprimono gradimento. Questo segnale significa che il nostro interlocutore è coinvolto emotivamente verso la parola o argomento espresso.
Accarezzarsi i capelli: esprime gratificazione e gradimento verso la tematica espressa.
Spostare il busto o il corpo in avanti: rappresenta interesse verso l’argomento trattato.
Sfregare con le dita la punta del naso: grattarsi la punta del naso esprime il massimo scarico tensionale da parte del soggetto. È un forte segnale di rifiuto!
Spostare il corpo indietro o oggetti lontano dalla propria persona: indica rifiuto verso la tematica trattata.
Raschiamento della gola: il soggetto prova tensione verso la tematica trattata.
Gambe accavallate e/o braccia conserte: indica chiusura verso l’argomento trattato o verso l’interlocutore.
È chiaro che nel rapporto con gli altri giocano un ruolo determinante non solo il linguaggio verbale, come erroneamente si crede, ma anche quello non verbale e paraverbale, in quanto essi sono in grado di esprimere stati emotivi che possono essere sconosciuti all’interlocutore.
A conferma di ciò, vari studi hanno verificato una maggiore rilevanza della componente non verbale, che si aggira intorno al 60%. Il solo contenuto verbale, infatti, arriva per meno del 10%, a testimonianza che quello che realmente si comunica passa attraverso l’uso della voce e del corpo.
Pertanto risulta conveniente utilizzare le forme di comunicazione non verbale e paraverbale, quali la postura, il movimento, la prossemica, lo sguardo, il contatto visivo, gli elementi vocali (tono, ritmo, volume, timbro), le espressioni, facciali, l’aspetto esteriore, per segnalare la disponibilità all’ascolto, inviare messaggi di accoglienza e segnali di comprensione all’interlocutore.
Ma attenzione! Una comunicazione inadeguata, d’altro canto, può provocare frustrazione, confusione, collera, depressione e senso di isolamento.
Pertanto, per far sì che una comunicazione vada a buon fine, sarebbe opportuno vi fosse congruenza tra i diversi livelli comunicativi, ossia coerenza tra ciò che si esprime a parole e ciò che si manifesta al livello non verbale e paraverbale.
Quindi, si deve essere il più possibile consapevoli dei messaggi che si inviano a livello non verbale poiché è proprio su questi ultimi, assai più che su quelli verbali, che si gioca la relazione con l’altro.
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