È successo ancora, durante una facilitazione d’aula: il tema era la resilienza eppure non posso fare a meno di notare come vivono quel momento di public speaking i partecipanti che si espongono, rispondono a una mia domanda, si raccontano liberamente.
Per i timidi, i riservati è una sfida non da poco.
Una persona in particolare ieri era immobile ogni volta che parlava.
Che si trovasse in piedi, o seduta
❌ non muoveva nessuna parte del corpo
❌ in piedi la trovavi con le gambe incrociate e le mani davanti altezza bacino.
❌ seduta sempre con gambe incrociate e braccia sui lati, appoggiate sulla sedia.
❌ Nessuna gesticolazione, nessuna espressione in viso, nessun cambio di tono.
Gli interventi erano precisi, pertinenti, profondi, utili al gruppo (!) ma
❌ detti con un filo di voce e
❌ soprattutto senza respirare.
Me ne accorgo perché quando qualche persona parla e sta in ansia a me viene da fare grandi respironi, rallentare e sfiatare in sordina: mi si blocca qualcosa all’altezza spalle e
✳ chiedo di restituire un feedback
✳ chiedo di rilassare e respirare e “quanto si stanno divertendo a parlare in pubblico”
😃 ci facciamo una risata insieme e la persona finalmente respira
✅ Mostro il cambiamento di espressione in viso
✅ l’empatia generata
✅ la respirazione come strumento di scarico tensione
Stacci in quella emozione, stacci pure con quell’ansia, non ti mettere a gestire nulla, vivila liberamente. Ma respira. Respira!
Con Enzo nelle aule di Speaker Social Club facciamo questa restituzione, un esercizio di presa di consapevolezza: cosa accade nel proprio corpo se parlando non respiriamo e le conseguenze che si porta nel proprio intervento.
Le ❌ non sono errori drammatici, irrimediabili.
Sono competenze da lavorare, modi di fare che si attivano per difesa. Sotto ci sono molte paure, ansie di FALLIRE, SBAGLIARE e dare la possibilità al mondo di confermare quanto ha ragione sulla nostra incapacità.
Quelle emozioni lì vanno rispettate e accolte, guidate con degli esercizi verso una diversa interpretazione del momento.
La paura resta, ma cambia l’oggetto del proprio dramma: un errore sarà solo un errore, rimediabile con altre parole.
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