Perchè è importante tutelare il know how aziendale? E cosa intendiamo per know how?
Le prospettive delle Piccole e Medie Imprese italiane con fatturato al di sotto dei 10 milioni (centinaia di migliaia di imprese sparse su tutto il territorio nazionale) dovranno confrontarsi, nei prossimi anni, con la stretta creditizia imposta dalle nuove regole di settore. volute dall’Unione Europea e, in particolare, dalla Germania e dalla Francia. In altri articoli spiegheremo quello che sta avvenendo in Europa e diremo come ci si può difendere.
In questo articolo vogliamo allertare l’attenzione degli imprenditori sui fattori che più dipendono dalle loro scelte. Riflesse nella quotidianità delle gestioni e nei bilanci, e sui punti di forza, che spesso non vengono messi a frutto. Parliamo di capacità, applicate nella produzione e, in alcuni casi, nella ricerca, tecnica, non necessariamente scientifica, che non vengono messe in sicurezza da marchi e brevetti.
Il popolo dei terzisti è vastissimo. Tutti i grandi marchi si avvalgono di imprese terziste, che contribuiscono alla produzione con grandi capacità, di solito poco pagate. Con il risultato che i grandi marchi presentano bilanci con margini del 30 per cento e i terzisti sbarcano il lunario o chiudono.
Se non riescono ad investire gradualmente in un proprio marchio e in una propria distribuzione. Analogamente, piccole imprese altamente specializzate in tecniche di nicchia, spesso meccaniche o informatiche, sono preda delle incursioni di imprese avventurose. Magari poco più strutturate, che si appropriano del know how a costo zero. Eppure, la registrazione del marchio e del brevetto è alla portata di tutti gli imprenditori, anche di quelli minimi.
Tuttavia, il punto più dolente di solito è il bilancio, che presenta quozienti inadeguati o, almeno, ritenuti tali dalla fin troppo rapida evoluzione delle regole creditizie.
Tutti gli imprenditori, di qualsiasi settore e dimensione, hanno esperienza di direttori di banca che negano il credito o chiedono rapidi e imprevisti rientri. Indifferenti alle ragioni delle difficoltà contingenti, rifugiandosi dietro alle nuove regole. E, magari, gli stessi direttori sono meno indifferenti alle ragioni di altri imprenditori. Altrettanto o ancor più inadeguati, come denunciano i numeri clamorosi delle sofferenze bancarie (circa 300 miliardi di cosiddetti Non Performing Loans – Npl), accumulate in pochi anni, che non comprendono i crediti correnti non ancora connotati dal marchio della “sofferenza”.
Pochi imprenditori sanno che il Pilastro della Trasparenza di Basilea II vincola anche (se non soprattutto) le banche al rispetto delle regole di affidamento. Con tutte le implicazioni del caso. In sostanza, le banche non potrebbero più amministrare arbitrariamente il credito. Perché i mezzi amministrati non sono di loro proprietà e le regole le vincolano ad una trasparente distribuzione delle risorse. In conformità, aggiungiamo, alle esigenze di crescita definite dalla politica.
Ecco, per dire che la materia dell’attività di impresa è senz’altro complessa. Spesso complicata da fattori oggettivi e soggettivi, sottoposta a pressioni finora ignote agli imprenditori italiani, e che ci sono gli strumenti di reazione. Ma l’ iniziativa virtuosa, nelle mani e nella responsabilità dell’imprenditore, è più premiante.
Alessandro Scuro
Editor in Chief – NuovoMille.it
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