Diario di una marketing lover

La pubblicità può essere disturbante?

La pubblicità può essere disturbante? Da sempre, scopo della pubblicità è quello di comunicare e veicolare messaggi con il grande pubblico. Come ben sappiamo, i brand sviluppano campagne di marketing per comunicare i loro prodotti e relativa value proposition, di cui abbiamo già parlato. Tuttavia, i brand hanno interesse a veicolare solo messaggi “positivi”? Esistono pubblicità volontariamente disturbanti?

Shockadvertising

Shockvertising. E’ questa la risposta alla nostra domanda. Ma di cosa si tratta? Nato dalla fusione tra shock (urto, scossa) e advertising (pubblicità), lo shockvertising è usato per indicare una comunicazione in grado di creare un grande impatto emotivo sui destinatari. Nella nostra routine ci imbattiamo in innumerevoli pubblicità, ma ciò che le distingue è il fatto che siano in grado o meno di catturare la nostra attenzione. E poco importa se lo fa suscitando emozioni positive o negative, ciò che conta è l’inaspettato. Immagini controverse, violente e provocatorie sono tutti elementi caratterizzanti dello shockvertising. Per rendere più chiare le idee, potremmo parlare di shockvertising come concetto in completa opposizione alla pubblicità subliminale.

Allo shockvertising sono riconducibili due categorie di pubblicità: i “fear arousing appeals” e la “Yobbo advertising“.

Appelli alla paura

Appelli alla paura: è questa la traduzione letterale di “fear arousing appeals”. Si tratta di messaggi contenuti in pubblicità e, più in generale, in campagne di comunicazione con l’intento di suscitare timore ed angoscia. Non si fa leve, quindi, su emozioni positive e di desiderio, piuttosto su sentimenti come inquietudine, paura e senso di impotenza. In concreto, tali appelli si traducono nella rappresentazione di situazioni scioccanti in cui l’individuo si ritrova a causa di suoi comportamenti irresponsabili.

Da un punto di vista teorico, si possono distinguere tre fasi nell’applicazione della tecnica di fear arousing appeals:

  1. creazione di una situazione fonte di minaccia e paura
  2. una spiegazione sufficientemente dettagliata per giustificare l’attenzione dei destinatari nei confronti di un pericolo percepito come oggettivo e serio;
  3. fornire la soluzione al pericolo, mediante un prodotto/servizio che lo elimini alla radice.

Ma vediamo un esempio pratico.

Apple Watch Serie 7

Apple Watch Serie 7 e lo storytelling della sua presentazione rappresentano un attimo esempio pratico di fear arousing appeals.

Lo spot descrive, in pieno stile shockvertising, una situazione spaventosa ma reale e non di impossibile realizzazione. Nell’ambientazione cupa di un bosco solitario e silenzioso si sente avviare una chiamata automatica ai soccorsi da parte del device, dal polso di una persona priva di sensi dopo una brutta caduta. L’orologio comunica, tramite la riconoscibilissima Siri, i dettagli del ferito, la sua localizzazione con tanto di longitudine e latitudine con estrema chiarezza. Il messaggio dello spot arriva forte e chiaro: Apple Watch ti salva la vita.

Apple ha sapientemente bilanciato la comunicazione di un sentimento di angoscia e paura con l’obiettivo di vendite della campagna. Lo fa tramite la comunicazione chiara ed efficace del valore aggiunto del suo prodotto. L’Apple Watch, difatti, smette di essere solo un orologio per il fitness, ma diventa a tutti gli effetti un salvavita. In questo modo il pubblico associa automaticamente il prodotto al concetto di sicurezza, aumentando la percezione del valore nel target di riferimento.

Il secondo aspetto di successo riguarda la scelta della scena rappresentata. L’azienda di Cupertino non impaurisce con mostri a tre teste o case infestate da fantasmi, ma con una situazione ordinaria e potenzialmente fatale. Non si rivolge solo agli amanti dello sport all’aperto o delle attività estreme, ma anche per chi è solito passeggiare dopo una giornata di lavoro o concedersi un fine settimana nella natura.

Potrebbe accadere a tutti e risiede in questo la potenza e la credibilità del messaggio. Genera sì ansia ed angoscia, ma offre una soluzione conveniente e a portata di mano, anzi…di polso.

Alla prossima pagina di diario sulla Yobbo advertising!

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