Mi muovo in questo mondo digitale con cautela, consapevole che ogni passo può essere sviato dalle insidie della tecnologia, che adesca le fragilità del nostro animo.
Sospiro, deciso a non lasciare che la sete di approvazione virtuale detti il valore della mia esistenza.
Eppure, in questo mare di produzione costante, mi accorgo di quanto sia facile diventare un ingranaggio in una macchina di contenuti senza anima.
Mi rifiuto di essere parte di quel vuoto. È una risoluzione che prende forma mentre mi perdo nelle prime luci dell’alba.
La tecnologia è spesso progettata per capitalizzare sulle nostre insicurezze e manipolare i punti deboli del nostro comportamento.
La tecnologia e le sue derive non dovrebbero governare la cultura.
La cultura è il suolo fertile in cui germogliano le radici delle nostre società, nutrendo e sostenendo le idee che si evolvono in valori condivisi, credenze, arte, e conoscenza. È un patrimonio collettivo, un dialogo continuo che trascende il tempo e lo spazio, e che si arricchisce con ogni contributo autentico.
La cultura non è un prodotto; è un processo, è la tessitura complessa della nostra umanità condivisa.
D’altra parte, produrre contenuti è diventato un’espressione quasi meccanica, spesso associata all’atto di generare qualcosa di nuovo e possibilmente accattivante, di mercato, commerciale per catturare brevemente l’attenzione in un mare di informazioni in costante espansione.
E sebbene i contenuti possano essere creativi, informativi e persino trasformativi, senza una connessione più profonda con i valori e il contesto culturale, essi rischiano di rimanere superfici senza un’anima utili solo a vendere.
Inizia così la mia fame di significato e quella di tanti come me.
Forse l’età. Forse il passato che perde per strada i suoi pezzi brutti e ti fa venire la nostalgia di quando tutto ti pareva più sensato.
Si tratta quindi di infondere, storia e significato anche a concetti desueti, non di moda, pensieri che non siano per forza istagrammabili o riducibili a meme.
Pensieri che possono arrivare dal passato o dal futuro.
Fare sì che durino o trovino accoglienza, contribuendo così alla cultura dell’oggi in modo profondo, autentico, rispettoso e rispettato.
Così, riflettendo sulla mia esistenza e sul significato che voglio dare al mio passaggio in questo mondo, mi sono reso conto che farei bene ad interrogarmi ogni giorno sul vero contributo che desidero apportare alla cultura del mondo in cui vivo, al di là della semplice generazione di contenuti e provare e continuare a generare frasi e pensieri che non siano figli delle analisi di marketing ma piuttosto genitori di pensieri buoni.
Anche se questo vuol dire vivere senza i like.
Ci sono battaglie giuste che vanno combattute anche se sai che le perderai.
“La vita non ha significato. Ognuno di noi ha un significato e noi gli diamo vita.
È uno spreco porre la domanda quando sei la risposta” – Joseph Campbell.
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